Il protocollo ha imposto grande attenzione al passato nella recente visita di Xi Jinping in Francia. Sono infatti trascorsi 50 anni dal ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra i 2 paesi e l’evento è stato celebrato con la prevista retorica. Xi ha anche visitato lo studio privato del Presidente De Gaulle che ha avuto l’acuta lungimiranza di rompere l’isolamento della Cina imposto dal blocco occidentale. Allora, solo i paesi scandinavi nell’Europa Occidentale avevano rapporti ufficiali con la neonata Repubblica Popolare Cinese. Il riconoscimento era dunque limitato al blocco socialista e ai pochi paesi che stavano faticosamente conquistando l’indipendenza nazionale. Per quanto oggi appaia inimmaginabile, per la maggioranza dei paesi il legittimo rappresentante della Cina – dell’intero suo territorio – era la Repubblica di Taiwan. Questa eccentrica situazione durò per l’Italia fino al 1971 (anno in cui la Cina fu ammessa alle Nazioni Unite e Taiwan ne fu espulsa) e per gli Usa fino al 1980. La Francia ruppe per prima questa bizzarria diplomatica e la Cina ne riconosce ancora il significato di profonda amicizia.
Come spesso avviene, la riconciliazione non ha trovato ostacoli dalle forti differenze ideologiche. Pechino aveva bisogno di allentare la pressione internazionale che l’aveva esclusa dagli aiuti allo sviluppo, Parigi intendeva usare la carta cinese per riaffermare la propria grandeur. La Cina era circondata da nemici. L’Unione Sovietica non le garantiva la protezione, i ricordi della guerra in Corea e con l’India non avevano neanche iniziato a cicatrizzarsi. L’immenso paese era povero, arretrato, assediato. La Francia era una valvola di sicurezza. In Europa erano gli anni della potenza culturale, politica militare francesi, che De Gaulle non intendeva sacrificare al multilateralismo. Si ricordano l’opposizione all’ingresso della Gran Bretagna nel Mercato Comune Europeo, l’uscita dal comando politico della Nato (e il suo trasferimento a Bruxelles), l’insistenza sull’ “Europa delle Nazioni”, piuttosto che su quella comunitaria. L’apertura alla Cina era strumentale a questa ambizione, l’approdo di una strategia al tempo stesso lungimirante e nazionalista. Il rispetto per la diversità cinese era vantaggioso per la Francia e probabilmente sincero. Agli altri paesi non allineati De Gaulle non aveva lesinato critiche e distacco dalla superiorità francese. Ancor oggi si ricorda il sarcasmo nella metà degli anni ’60:
“Il Brasile è un paese di grandi speranze e sempre lo sarà”.
Oggi la visione e la potenza di De Gaulle fanno impallidire i suoi successori. La Cina è blandita e temuta. All’Eliseo se ne cerca l’amicizia degli affari: gli investimenti in Francia, le importazioni in Cina, la cooperazione internazionale. In realtà si tenta di recuperare il terreno perduto. Gli investimenti cinesi crescono ma ancora sono ridotti. Solo da poco tempo, la cessione di asset non è più una ferita all’orgoglio nazionale. Le esportazioni verso la Cina languono. La Francia è il 17^ fornitore di merci, davanti il Regno Unito e l’Italia, ma lontanissima dalla Germania (che la supera in valore export di quasi 4 volte). Ora tenta di dar valore ai suoi settori di punta: la difesa, il nucleare, l’automotive, il lusso, food & wine. La nostalgia dei ricordi certamente aiuterà, ma saranno le più prosaiche condizioni del mercato a sancire i giusti risultati delle aspettative.
Ohhhh i francesi sono cosi comici, me hacen reir tanto con su superioridad.
Y si Romeo ,en decadencia están, si Marina Le Pen tiene grandes posibilidades de ganar las próximas elecciones, estan en un gran retroceso o como tu decis en una decandencia objetiva.
Que sucede en europa Romeo? una involución antropológica como dice Alberto?
Mi comentario fue irónico capaz no muy evidente pero es que ellos desde concretizaron los principios de Égalité,Liberté & Fraternité ,entre otros grandes principios, se creen muy superiores al resto del mundo y para mi esa superioridad siempre oculta pobreza de espiritu.