Il Lato Soft del Fiscal Compact (parte II)

compatti e soft

Questo articolo è la prosecuzione della parte I pubblicata in precedenza.

Al di là della specifica situazione italiana, deve osservarsi che in linea generale sussistono fondati elementi per ritenere che, per precisa volontà degli Stati, l’Unione europea preferisca comunque pervenire alla riduzione dei debiti in eccesso mediante il contenimento dei flussi di debito (i deficit annuali, a cui infatti si presta una ferma attenzione) ed il contestuale progressivo miglioramento del denominatore, del PIL, così che crescita ed inflazione possano erodere in via naturale il debito eccessivo.

Quanto sopra appare testimoniato anche dal diverso grado di severità delle procedure sanzionatorie previste in caso di superamento dei limiti di indebitamento, di deficit e di corretta trasposizione negli ordinamenti nazionali della norma sul pareggio di bilancio.

Nel trattato “fiscal compact”, infatti, si prevede:

– all’art. 8, che la Corte di giustizia dell’Unione europea possa sindacare (anche su richiesta di un singolo paese) il rispetto da parte dei paesi contraenti dell’inserimento della regola del pareggio di bilancio all’interno di disposizioni aventi carattere vincolante e permanente, con ciò evidentemente lasciando intendere quanto il pareggio di bilancio sia considerato essenziale in termini di stabilità finanziaria prospettica e come presupposto dell’operatività dell’OMT della BCE e del fondo ESM (in uno dei “considerando” del Trattato viene esplicitamente affermato che l’accesso agli aiuti garantiti dal fondo ESM è subordinato alla preventiva firma del Fiscal Compact);

– all’art. 7, che i paesi contraenti sottoscrivano, con la firma, una sorta di patto di sindacato e di voto, impegnandosi a sostenere le proposte e le raccomandazioni della Commissione adottate nei confronti degli Stati che abbiano violato il criterio del deficit (e non anche del debito) nell’ambito della procedura per i disavanzi eccessivi. Tale obbligo non sussiste solo quando una maggioranza qualificata si esprima in senso contrario alla raccomandazione, istituendo pertanto una maggioranza favorevole e precostituita, vincibile soltanto con un voto contrario e maggioranza qualificata. Tale maggioranza precostituita è prevista dagli articoli 4, 5, 6 e 10 del regolamento n. 1466/97, come modificati dal “six-pack”, anche in caso di mancata adozione dei provvedimenti necessari per ridurre il deficit ed anche in caso di imposizione di sanzioni, tra le quali la costituzione di depositi.

Con riferimento al debito, invece, l’ultimo periodo dell’art. 4 del “fiscal compact”, stabilisce espressamente che “l’esistenza di un disavanzo eccessivo dovuto all’inosservanza del criterio del debito sarà decisa in conformità della procedura di cui all’articolo 126 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea”.

Detto articolo 126, al paragrafo 6, stabilisce che il “Consiglio, su proposta della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare, decide, dopo una valutazione globale, se esiste un disavanzo eccessivo”.

Tale decisione dovrebbe però essere presa a maggioranza qualificata. Infatti, l’art. 126 del TFUE, al paragrafo 13, prevede che la maggioranza qualificata necessaria per decidere sull’eccesso di debito, deve intendersi quella indicata all’art. 238, paragrafo 3, lettera a), dello stesso trattato, cioè (dal 1° novembre 2014) almeno il 55 % dei membri del Consiglio rappresentanti gli Stati membri partecipanti che totalizzino almeno il 65 % della popolazione di tali Stati” con la precisazione che “la minoranza di blocco deve comprendere almeno il numero minimo di membri del Consiglio che rappresentano oltre il 35 % della popolazione degli Stati membri partecipanti, più un altro membro; in caso contrario la maggioranza qualificata si considera raggiunta”.

Ne consegue che, anche qualora i fattori di cui si è detto sopra venissero valutati negativamente dalla Commissione, non sarebbe – successivamente – affatto agevole per il Consiglio raggiungere la maggioranza qualificata necessaria per sanzionare l’Italia per il criterio del debito, tenuto conto che gli stati del sud Europa sono tra i più popolosi e non sono certi esenti dal problema del debito in eccesso.

In conclusione, appare difficile che dal fiscal compact possa derivare l’obbligo giuridico di sottrarre annualmente dal bilancio statale ca. 50 miliardi di euro da destinare alla riduzione del debito pubblico. Né, effettivamente, tale obbligo potrebbe veramente essere assolto, tenuto conto della grave situazione del paese e dei suoi conti pubblici.

Appare nettamente preferibile da un lato sforzarsi di rispettare il pareggio di bilancio (tenuto conto che il perimetro della spesa pubblica – 800 miliardi di euro – è già abbastanza ampio ed è alimentato a fatica solo grazie ad una pressione fiscale ormai insostenibile) e dall’altro pervenire ad una profonda ristrutturazione qualitativa della spesa stessa e all’adozione delle riforme – della forma di Stato e di governo, del mercato del lavoro, del sistema scolastico/universitario, del welfare, della pubblica amministrazione, ecc – necessarie da decenni e ormai non più rinviabili.

Né sembra possa utilmente sostenersi che l’aumento della spesa pubblica potrebbe generare una crescita duratura del PIL, dal momento che è agevole osservare, anche senza l’ausilio di specifici studi sul moltiplicatore fiscale, che se il paese ha 2000 miliardi di debito, significa che la spesa pubblica ha, in media, reso molto meno del suo costo (visto che il debito è cresciuto ad un ritmo superiore a quello del PIL) e che, quindi, aumentandone le dimensioni non si farebbe altro che amplificare l’effetto distruttivo, e non creativo, di valore e di ricchezza complessiva.

Prescindendo da facili ma illusorie scorciatoie, occorrerebbe pervenire ad una profonda riqualificazione e ristrutturazione della spesa esistente, adottando contestualmente le riforme sopra indicate potrebbe consentire, liberando risorse ed energie così che il sistema paese possa avere gli strumenti per affrontare ben più velocemente e adeguatamente quei cambiamenti imposti ad ogni economia avanzata, pena la decadenza, e riprendere un percorso di crescita solido e duraturo.

Questo articolo è uscito in contemporanea su “Ideas Have Consequences”
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Pubblicato da roundmidnight

Occupa da anni, in modo semiserio, un posto in un consiglio di amministrazione all'interno di un "gruppo" internazionale.

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