Un uomo onesto, un uomo probo

Sense8 è una delle serie che più rappresenta la capacità umana di viaggiare senza uscire di casa: scritta e in parte diretta dai Wachowskis (quelli di Matrix e di Cloud Atlas) è ambientata in otto diversi paesi, quelli in cui gli otto protagonisti vivono. Sono un ka-tet, per dirlo alla Stephen King, anzi, di più: sono la stessa persona divisa in otto e possono fisicamente prendere il posto di uno degli altri senza averlo deciso prima. Noi umani viaggiamo pensando, viaggiamo leggendo, viaggiamo guardando un film o una serie tv; viaggiamo nello spazio, mentalmente e fisicamente, viaggiamo nel tempo, ahimè per ora solo con l’immaginazione. Lito, Will, Capheus, Sun, Nomi, Kala, Riley e Wolfgang si spostano entrando nel corpo degli altri quando serve e quando ne vale la pena e in una delle sequenze più belle fanno l’amore tutti insieme, senza stare tanto a pensare all’orientamento sessuale (quando capita, e spero che vi capiti o vi sia capitato, capirete: perché si capisce col corpo).

livretL’11 aprile 2015 Giacomo e Cristophe si sono sposati a Parigi. Più fortunati di altri, perché vivono a Parigi da anni e Cristophe è francese, il che ha reso meno dura la realtà: se avessero voluto sposarsi a Taranto, la città di Giacomo, in cui sono amati, rispettati e accolti da anni, non avrebbero potuto. La felicità, la joie de vivre, il talento per la bellezza e per il gusto di godersi ogni più piccola cosa ha invaso la vita di tutti i loro amici, a prescindere dalla presenza fisica a Parigi quel giorno. Ho pianto di gioia a vedere la loro gioia, a vederli belli e allegri in Municipio, eleganti più che mai, la vera rappresentazione della felicità. Come in un Sense8, come in un ka-tet, io ero felice come se fossi lì, e non solo perché li amo ed ero felice per loro: perché un matrimonio, qualunque sia la forma, è un rito che permette a una comunità, almeno per un giorno, di mettere da parte tutto (o quasi) e gioire insieme. Io non voglio che a tutti i miei amici sia permesso sposarsi solo per civiltà o giustizia: io penso che come società abbiamo tutti un bisogno tremendo di più giorni di gioia possibili, di fermarci più spesso mettendo in pausa le preoccupazioni, la bruttezza, il cinismo e, per un giorno, festeggiare per davvero. È un rito: i riti servono anche a questo.

11038090_10206523089065716_4926542327311748512_nNon ci cascate? Vivete con orrore i matrimoni, che per voi sono soprattutto scarpe scomode, noia e troppo cibo? Siete così cinici da scommettere a uno dei tavoli quanto durerà la coppia che sta festeggiando (true story)? Provate a dare un’occhiata ai numeri del fatturato dell’industria dei matrimoni in Italia. Ogni volta che cadete nell’errore di credere alla razionalità umana provate a pensare a quanto avete pagato un abito da sposa, cioè un vestito che per definizione metti una volta sola (non sto giudicando nessuno: l’ho fatto anche io e lo rifarei). La magia del rito è anche questa: festeggiare vuol dire spendere come se non ci fosse un domani, perché quel giorno si mette in pausa tutto, per “vivere felici e contenti”. Se davvero non avete nessun motivo al mondo per essere felici della felicità altrui mettete mano alla calcolatrice: chiamare matrimoni le unioni civili potrebbe significare un punto del PIL, e noialtri balleremo fino all’alba, contenti e innamorati.

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Pubblicato da Mafe De Baggis

Progetto e gestisco iniziative di comunicazione (relazioni pubbliche e copywriting). Aiuto le aziende, le testate e le persone a interpretare e vivere correttamente internet: un medium complesso e divertente

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