“Ogni giorno nella savana, quando sorge il sole, una persona per trovare il lavoro dovrà correre.
Ogni giorno nella savana, quando sorge il sole, un software per fare il lavoro dovrà correre.
Non importa che tu sia persona o software, se vuoi lavorare devi correre!”
A parte il fatto che questa non è una vita degna di un lavoratore ma un incubo, per chi si chiede: “Verso dove correre per non farci raggiungere dalle macchine?” cercheremo qualche risposta.
La globalizzazione, la robotizzazione, l’automazione e l’ingresso della forza lavoro asiatica nel mercato del lavoro sono alla base della disoccupazione. Non possiamo arrestare queste forze, ma dobbiamo adattarci, e cambiare.
Globalizzazione è il nome che diamo all’aumentata velocità di muovere tutto (cose, persone, informazioni) con costi calanti.
Oltre le macro-categorie (cose, persone, informazioni) ci sono i sotto-insiemi come profitti, talenti, culture, aziende, brevetti, etc.
Questi sono tempi non lineari: in un periodo si è competitivi, in un attimo si diventa ultimi; una competenza in un luogo può non valere nulla, spostandola in un altro diventa micidiale. In tutti i modi, le tecnologie hanno conseguenze sulla disoccupazione.
Con questo grafico possiamo osservare come l’automazione stia svuotando la classe media (clicca per ingrandire).
Nelle prime quattro colonne, partendo da sinistra, si trovano tutte quelle occupazioni che richiedono un’attività manuale, non ripetitiva, che vede leggermente aumentare l’occupazione. (A parte l’agricoltura, dove il suo contributo all’occupazione è ormai sotto il 2% del totale degli occupati.)
Nelle tre colonne centrali sono riportate le occupazioni che più perdono posti di lavoro, ossia l’attività manifatturiera, sostituita dai robot e dall’automazione dei computer.
Nelle ultime quattro professioni c’è invece un incremento occupazionale dovuto alla necessaria personalizzazione. Sono tutti lavori che richiedono un’alta intensità di comunicazione e d’istruzione.
E’ evidente che dobbiamo aumentare il livello d’istruzione, poiché un migliore e più ampio quadro di riferimento teorico conferisce più flessibilità, cioè insegna a cambiare più mansioni durante la vita lavorativa.
Esempi.
Chi fa lavori con un alto grado di relazione personale face-to-face con il cliente non rischia di essere rimpiazzato da un lavoratore straniero. Proprio perché il suo lavoro non è digitalizzabile e quindi non remotizzabile. Cerchiamo di spiegarci con casi pratici: il meccanico, l’estetista, il muratore, il dentista, devono risiedere in luoghi prossimi ai loro clienti. È una competizione più locale che non si differenzia, all’interno della stessa categoria, per tasso d’istruzione.
Ci sono al contrario fior di professionisti (programmatori, amministrativi, etc.) che svolgendo un’attività impersonale, nel senso che non hanno uno scambio diretto con il cliente finale, sono sottoposti a una forte pressione competitiva.
Oggi si limitano i salari, domani proprio il posto di lavoro potrebbe essere rimpiazzato sia dalla competizione estera sia dal progresso tecnologico delle macchine.
Ma in quale modo la tecnologia ci coadiuva, compete contro di noi, o è da noi dominata? Per dettagli, ecco in forma tabellare alcuni elementi del grafico.
Dagli studi citati si evince che sempre più le persone “concorreranno” con le macchine per avere lavori non ripetitivi (sia manuali sia cognitivi), che presentano sempre nuovi scenari e informazioni che non sono (ancora) modellabili, cui bisogna dare un senso.
Per evitare le classiche confusioni sul ruolo delle diverse tecnologie, nel prossimo post vedremo più in dettaglio quali progressi tecnologici hanno sottratto lavoro alle persone.