Talvin Singh: musica classica indiana, elettronica.

“Historically, in the Indian context, claps were when a musician was playing really badly and it was meant to signal to stop. So, I go on stage and create a meditative tabla experience and just try to induce less clapping with my music.”

“The world is sound.”

Talvin Singh

 

Niente applausi per Talvin Singh, ma un viaggio mentale immersivo attraverso la musica. Chi è il nostro musicista di oggi? Anzitutto un saluto a tutti dal vostro Mr Pian Piano e l’augurio di una buona domenica. Partiamo oggi alla scoperta di un artista poco conosciuto in Italia e questo non è male, almeno al sottoscritto piace scoprire e farvi scoprire cose nuove e oltre 20 anni fa fu un vero piacere assaporare i dischi di questo artista e vederlo suonare. Siamo a Londra, East London per esattezza, là dove abitano i Buddha delle Suburbia cari ad Hanif Kureishi, nella seconda metà degli anni 90 e mentre nei club di Londra impazza il drum and bass alcuni musicisti indiani come Saifullah “Sam” Zaman, meglio conosciuto come State of Bengal iniziano a contaminare la musica della loro terra, l’lndia, con quel che si ascolta nei club più all’avanguardia nella perfida Albione. Una tendenza dunque non solo musicale, ma letteraria e artistica in genere. Ne esce un suono nuovo che attira l’attenzione di stelle come Bjork e David Bowie (sua non a caso la soundtrack del film The Buddha of the Suburbia, il film tratto dal libro di Kureishi). Il giovanissimo Talvin Singh sboccia in questi anni ed inizia subito con collaborazioni prestigiose: Siouxie and the Banshees, Bjork, Massive Attack, Madonna e Sun Ra. Il nostro musicista è ricercato essenzialmente per le abilità di strumentista raffinato (studia da sempre le tabla con rinomati Maestri) a cui unisce una sensibilità da produttore capace di  sfruttare le potenzialità della musica elettronica. Ne esce una miscela molto creativa e non a caso con il suo primo album “OK” vince nel 1999 il prestigioso Mercury Music Prize. Vi ho incuriosito almeno un po’?

Il senso del suo lavoro come artista abita in questa identità multipla di produttore, strumentista e compositore. Ben lontano da qualsiasi melassa new age Talvin Singh segue la strada cara a Paul Gauguin con la pittura: la contaminazione tra tradizioni artistiche lontane per generare sonorità ibride. Mentre noiosamente ci ingannano ora in Italia con la pretesa di una presunta identità nazionale da preservare stupidamente, Talvin Singh testimonia attraverso la musica di un linguaggio planetario senza confini che non siano valicabili per creare virtuali e sensuali abbracci tra sonorità diverse. Meglio dimenticare ogni presunta purezza a favore di una mentalità aperta e globale, consapevole di vivere su un piano artistico oltre qualsiasi filo spinato o polizia di frontiera. Il nostro musicista indiano è un antidoto al nazionalismo degli stolti, all’ottuso sguardo di chi si chiude in casa in nome di una tradizione che senza sangue nuovo diventa inevitabilmente stantia maniera e bassa retorica.

L’arte in questa prospettiva è atto politico, perché unisce mondi lontani, crea ponti là dove c’erano cesure invalicabili se non conflitti apparentemente insanabili. Lo stesso possiamo dire delle arti figurative, della musica pop si pensi ai Beatles e alla passione di George Harrison per la musica indiana che porta in molte canzoni dei 4 di Liverpool, del cibo con feste di sapori diversi, della letteratura e dell’architettura: il manifestarsi di diverse culture si ibrida inesorabilmente incontrandone altre. Basta passeggiare a Venezia, meglio se di notte e scrutarla, entrare nella chiesa di San Giorgio a Castello e ritrovarsi improvvisamente in Grecia e oltre verso oriente, il Libano, l’Armenia. L’Italianità non esiste se non come manifestazione di ripetuti e continui incontri con altre culture del Mediterraneo e non solo del Mediterraneo. La rinascita dalla stasi passa per un’opportuna fusione, un amplesso, tra linguaggi, segni e sguardi diversi. La dimensione in cui si muove Talvin Singh è appunto questa perenne mescolanza di suoni e stili. L’invasione? In Italia è una puttanata propagandistica per spaventarci, per alimentare il razzismo e aprire conflitti, mascherando le evidentissime incapacità di questa o quella classe dirigente.

Abbandonate dunque le gabbie mentali e psicologiche che ci propongono come desiderabili e accomodatevi gustando il menù di oggi preparato da Mr Pian Piano per tutti gli amici della domenica. Accomodatevi tra piccanti spezie sonore, sintetizzatori, tabla e voci evanescenti, salse dai sapori forti e altre diavolerie tra East London e Bombay: CLICCATE QUI e accomodatevi nel mondo spirituale di Talvin Singh dove l’India incontra l’Occidente e dove si va incontro all’altro con la disponibilità all’ascolto.  Un florilegio di percussioni ubriaca le musiche di Talvin Singh e mi è dolce naufragar in questo mare, avrebbe detto il grande poeta.

Desiderate qualcosa di diverso dalle tabla di Talvin Singh? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Non vi resta che calarvi in un nuovo viaggio e raggiungere a piedi il bar “Piano Inclinato” dove durante la settimana si parla d’economia, mentre al sabato ed alla domenica, letteratura, musica e scienza occupano il locale. Il padrone di casa Alieno Gentile sarà lieto di accogliervi. Se volete scoprire in dono altre monografie e playlist curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti avete ben tre opzioni!

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Pubblicato da Mr Pian Piano

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