Petrolio e crisi energetica globale

petrolio

E’ sempre lì, onnipervasivo, cruciale, costantemente coinvolto nel grande gioco geopolitico, apparentemente inesauribile. Quanti siamo stati bambini negli anni ’70 abbiamo maturato una sana diffidenza verso ogni forma di futurologia proprio perché, mentre si vivevano quelle domeniche dell’austerity dovute al suo razionamento, in tanti sdottoreggiavano sul fatto che avesse i decenni contati. Tutti puntualmente smentiti.

E’ il petrolio, naturalmente, l’oro nero, come viene pigramente magnificato, la più moderna delle materie prime, quella per cui Golda Meir chiese il permesso di esprimere un pensiero non propriamente devoto all’indirizzo di Mosè: “ci ha portato per quarant’anni in giro per il deserto per condurci all’unico posto nel Medio Oriente che non ha petrolio”.

Ad un “personaggio” così, lo capirete, mancava solo una parte da protagonista in una “conversazione inclinata” tra Milano e Manchester. Lacuna colmata quindi questa settimana perché, fuor di celia, il petrolio è davvero, anche a questo drammatico giro della giostra economica e geopolitica, una variabile decisiva: guerra, inflazione, sfida cinese, vera o presunta deglobalizzazione, tutto viene ineluttabilmente impattato dalla questione petrolifera.

Gli occhi di politici, strateghi, economisti e consumatori stanno fissi sulle variazioni quotidiane del prezzo dei barili. Qui ad “Economia per tutti” inforchiamo invece, come sempre, lenti bifocali per tentare di raccontarvi dove può andare il valore del petrolio a breve e dove a medio/lungo termine. Sono due storie parecchio diverse, come scoprirete ascoltando o guardando questa puntata, ma entrambe illuminanti perché alla fine analizzare il prezzo del petrolio è il modo migliore per studiare questa fondamentale commodity.
Nell’immediato futuro sono diversi i fattori che congiurano nel favorire un ribasso dei prezzi.

E’vero infatti che, a giorni, entrerà in vigore l’embargo al petrolio russo disposto dall’UE, ma l’ammorbidimento delle sanzioni previste per i trasgressori, insieme con il ruolo delle “flotte ombra” costituitesi in questi mesi, correggerà verosimilmente la carenza di offerta stimata, e già scontata, dai mercati.

Nel frattempo vanno prendendo sempre più forma i piani per introdurre un “price cap” anche sul petrolio russo che costringerebbe la Russia, primo fornitore mondiale, o ad accettare le condizioni dell’odiato cartello di compratori europei o ad imbarcarsi nella difficile ricerca di acquirenti altrettanto bulimici di petrolio, come la Cina, che tuttavia le imporrebbero di vendere il greggio a forte sconto.

Si aggiunga che in occasione dell’importantissimo vertice Opec del 4 dicembre, il primo dopo che il Dipartimento di stato USA ha raccomandato alla giustizia americana che sia garantita l’immunità al principe saudita Mohammed Bin Salman nel processo per l’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi, a suggellare l’eventuale ricucitura tra Usa e sauditi potrebbe essere proprio la decisione  di cancellare quei programmi di riduzione della produzione apparsi fino ad oggi come una mossa ostile verso gli sforzi occidentali per punire la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

Le pressioni al ribasso, dunque, non mancano, amplificate dalla “fabbrica del mondo”, la Cina, che non riesce a riaprire definitivamente i battenti, mentre la politica del Covid zero diventa financo problema politico e di ordine pubblico.

Tuttavia, basta allungare un po’ lo sguardo e la scena cambia radicalmente. Nel medio e lungo termine si stagliano fattori strutturali che potrebbero condurre ad una crisi energetica persistente, una sorta di inquietante “nuova normalità”.

Alla radice di tutto c’è il fatto che oggi non ci si interroga più, come cinquant’anni fa, sui tempi di estinzione del petrolio: abbiamo infatti già deciso che ci separeremo di nostra iniziativa dall’oro nero prima che ciò accada, la nostra relazione con il Re delle commodities ha una data di scadenza fissata dai programmi ormai inarrestabili di transizione energetica.

Il problema è che, da qui a quel giorno, ci separa una terra di mezzo, un “già e non ancora” che rischia di rivelarsi parecchio inospitale. La domanda di petrolio, infatti, aumenta costantemente perché il petrolio, con la potenza silente delle cose date per scontate, continua ad essere l’elemento che rende possibile il luogo in cui viviamo, il modo in cui lavoriamo e quello in cui ci muoviamo. Ma l’offerta non riesce ad adeguarsi perché cio’ richiederebbe ingentissimi investimenti in impianti di estrazione, raffinerie, infrastrutture e solo un pazzo impiegherebbe capitali su un bene la cui sorte è segnata.

Il petrolio, insomma, venderà cara la pelle, la sua uscita si scena rischia di essere all’altezza del ruolo imperiale esercitato nella storia, la transizione energetica dal fossile a fonti alternative sarà tutto fuorché un pranzo di gala.

Ragione in più per prepararsi: appuntamento sulla vostra piattaforma preferita.

Economia Per Tutti su Spotify
Economia Per Tutti su Google podcasts
Economia Per Tutti su Apple podcasts
Economia Per Tutti su Amazon Music
e su tutte le  altre piattaforme

/ 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.