La settimana è stata caratterizzata da due eventi importanti: la riunione della Fed sulle decisioni di politica monetaria e i dati sull’occupazione USA. Il Chair della Fed, Janet Yellen, ha reiterato il messaggio di eccessiva sottoutilizzazione nel mercato del lavoro caratterizzato da una modesta dinamica salariale, nonostante il continuo calo del tasso di disoccupazione.
Poca attenzione invece è stata dedicata al dato trimestrale sulle retribuzioni: l’Employment Cost Index ha sorpreso in positivo con un rialzo dello 0.7% su base trimestrale (+3.0% se annualizzato) portando la variazione annua al 2.1%, più alto dalla fine della recessione. In prospettiva, un indicatore anticipatore della dinamica delle retribuzioni –Wage Trend Index– suggerisce ulteriori aumenti anche per i prossimi trimestri. La Fed stia in guardia: il 3.0% di crescita dei salari è più vicina di quanto non si pensi.
“Congiuntura” va in ferie, con il sottoscritto. Ci rivediamo il 5 di settembre.

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Però guardando bene la ‘derivata prima’ è negativa. Secondo punto, a mio parere più rilevante, è il gap tra produttività e salari reali.
Siamo già nello spazio della derivata prima: linea rossa, retribuzioni (ECI) è già una variazione annuale. L’indicatore Wage Trend invece è costruito per seguire i tassi di crescita annuali.
Sul secondo punto, non posso che concordare, ma quello non dovrebbe riguardare le decisioni di politica monetaria.
Intendevo dire che (tra alti e bassi ovviamente) la dinamica delle variazioni è decrescente: crescono sempre meno.. Se il salario (reale o nominale nel grafico?) cresce sempre meno, anche la domanda ne risente..
Assolutamente sì, difatti questo rallentamento della crescita (media, o di lungo perioro, o potenziale) è osservabile in una moltitudine di indicatori.
Uhm.. Mi pare che le cause che innescarono la crisi del ’29 siano molto simili.. Meglio mettersi un cappotto in attesa del gelido inverno di Kondratieff? 😀