La logistica in Cina è strumentale ad uno dei principali obiettivi: rendere più efficienti gli spostamenti, sia delle persone che delle merci. Esso è automaticamente entrato nella discussione dell’ultimo 3^ plenum, quando l’assise del Pcc ha dovuto affrontare la riforma del sistema degli hukou (che registra e controlla la popolazione nell’unità territoriale) e l’ambizione di coniugare il mercato con l’amministrazione pubblica.
Trasporti e mobilità sono i cardini di queste possibili riforme. In attesa di decisioni squisitamente politiche, il Governo intende continuare la politica di espansione registrata negli ultimi decenni. Con il consueto pragmatismo, la Cina ha finora privilegiato i risultati, nella logica del learning by doing. Ha così prima provveduto a trasferire circa 200 milioni di persone dalle campagne alle città, per immaginare poi di smantellare, quando l’obiettivo era stato raggiunto, il sistema imperiale di controllo della residenza. Fabbriche e cantieri della costa cinese sono state affollate di lavoratori migranti. Le merci da loro prodotte hanno invaso il mondo. Sia le braccia che i prodotti hanno avuto bisogno di essere trasportati e la dirigenza non ha lesinato impegni. È stata cosciente che senza infrastrutture è insufficiente offrire agli investitori manodopera a basso costo; che senza i porti le merci rimarrebbero nei magazzini. I risultati raggiunti hanno altresì rafforzato questa convinzione: il Paese è stato troppo a lungo arretrato per consentirsi stasi nella costruzione di un’efficiente rete di trasporti.
Un suolo vastissimo, pervaso da una mentalità contadina e stanziale, sta attraversando una fase storica di cambiamento, ancora non giunto a conclusione. Un validissimo studio della Li&Fung di Hong Kong rileva che gli investimenti governativi nelle quattro modalità di trasporto – gomma, ferro, acqua, aria – sono in continuo aumento. La crescita riguarda sia i passeggeri che le merci, come se un nuovo e più forte concetto di mobilità sia ormai indiscutibile. Non a caso, i miglioramenti più importanti hanno luogo nell’ovest del paese, ormai una “nuova frontiera” alla stregua della storia statunitense. A lungo trascurate rispetto alle ricche province costiere, le zone dell’interno stanno registrando nuovi insediamenti industriali, motivati dalla disponibilità di convenienti fattori di produzione, valorizzati appunto da un network infrastrutturale. Il Ministero delle Ferrovie è stato smantellato, per razionalizzarne le attività e per silenziare le voci di corruzione e inefficienza che ne hanno accompagnato i record. La Cina vanta ora la più estesa rete di ferrovie ad alta velocità. Inoltre, Shanghai nel 2012 si è confermato il porto che movimenta più container al mondo (32,6 milioni di TEU all’anno). Solo 3 porti tra i primi 10 di questa classifica non sono cinesi. Contemporaneamente Pechino ha il secondo aeroporto più affollato al mondo e minaccia la tradizionale supremazia di Atlanta. Infine, per il traffico merci, Shanghai Pudong si è confermato terzo nella graduatoria internazionale. I dati sono impressionanti, ma ancora insufficienti per l’azione governativa. Nuovi fondi daranno origine ad hub ferroviari in città di seconda e terza fascia; le regioni più lontane saranno collegate da aeroporti civili e da autostrade, miglioreranno la sicurezza, la redditività e la protezione ambientale dei collegamenti. Si tratterà di gestire una situazione complessa e per questo forse più insidiosa: dedicare risorse senza consentire che il flusso di denaro si perda in rivoli opachi, ma sia effettivamente indirizzato verso le modernizzazioni delle quali il Paese ha ancora bisogno.
A proposito di logistica, China ma anche Germania … due illuminati post di Sergio Bologna tratti da Osservatorio Asia di Alberto Forchielli.
The new bubble. After the real estate crisis of 2008, the creeping crisis of shipping finance. http://bit.ly/Ys16U4
e
The shipping tsunami http://bit.ly/X01JBI.