Lo scarno, vago, tradizionale comunicato del terzo plenum del Pcc può essere scrutinato con due lenti differenti. Sono state disattese le speranze di chi si attendeva annunci epocali. Forse le aspettative erano state gonfiate anche da ambienti interni al Comitato Centrale; sicuramente l’attesa mediatica era cresciuta in maniera sconosciuta. Sembrava che il Plenum fosse una specie di convention statunitense per la scelta del candidato alla Casa Bianca. L’assise si è svolta invece in un albergo di Pechino e finora nulla è trapelato dai 350 delegati. Effettivamente il comunicato finale è povero di novità, almeno di quelle attese. Ci sono accenni senza impegni per le riforme, per la tutela del mercato, per i diritti di proprietà. Non vengono praticamente menzionati alcuni temi economici centrali, come la finanza locale e l’internazionalizzazione del renminbi. È assente la politica internazionale e dunque non viene ipotizzato alcun nuovo ruolo della Cina, che non sembra pronta ad assumere le responsabilità che le sue dimensioni richiederebbero. Così, sembrerebbe deluso chi probabilmente si era eccessivamente illuso. Sarebbe tuttavia un errore archiviare il plenum come un nulla di fatto. Leggendo con attenzione le conclusioni, appaiono invece rafforzate alcune posizioni importanti. La corruzione è indicata come un nemico da eradicare, mentre le proprietà agricole – soprattutto dei piccoli contadini – saranno consentite e tutelate. Soprattutto, nel passaggio più importante, si afferma che il mercato dovrà svolgere un ruolo decisivo nella destinazione delle risorse e che “il compito principale è rafforzare le relazioni tra lo stato e il mercato”. Gli scettici possono considerarla un’affermazione generica, ma averla evidenziata e fatta approvare ha un significato rilevante. Probabilmente si tratta della vittoria politica più importante di Xi Jin Ping. Il segretario generale sa bene che le relazioni tra stato e mercato sono opache, improduttive, rifugio di interessi nascosti. Lì si annida il vero ostacolo alla seconda fase dell’economia cinese. È questo il bersaglio di una politica nuova, ma che per il momento è ancora non sufficientemente forte per imporsi. Per questo si limita agli annunci. L’ambizione è di far crescere le novità su questa piattaforma programmatica. Su questo terreno si misureranno le qualità e l’acume di Xi. Chi dunque si aspettava titoli cubitali per il plenum ha ragione di essere deluso; ma chi si attendeva una conclusione prudente e realista si è confermato un osservatore più attento. Oggi la Cina è incapace di colpi d’ala, perché il volo finora l’ha fatta decollare, sembrando efficace e indiscutibile. Il Plenum ha dunque prodotto soltanto ciò che poteva produrre.
Due lenti per un Plenum
Alberto Forchielli Scritto il
Pubblicato da Alberto Forchielli
Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor Mostra altri articoli